giovedì 19 luglio 2007

DOPPO IL SISSANTASE' LA FRANA CONTINUA
A Montelusa palore e monumenti per non dimenticare

La matina del 19 lugliu del 1966 a Montelusa una frana “di inconsuete dimensioni, improvvisa, miracolosamente incruenta, ma terribile nello stritolare o incrinare irrimediabilmente spavalde gabbie di cemento, ed impietosa, al tempo stesso, nello sgretolare vecchie abitazioni di tufo” in pochi istanti ittò fora casa migliaia di abitanti ponendo la città “sotto nuova luce e nuova dimensione". Il virgolettato è pigliato paro paro da “Fondamenti di urbanistica”, Laterza editori Roma-Bari, 1998.

Quarantun'anni doppo l'evento franoso, i cristiani che in quella occasione persiro la casa ancora aspettano il risarcimento. San Calogero Tinchitè, santo protittori del Centro storico di Montelusa e attualmente, a furor di popolo come un vero San Calò, assessori municipali alle mirgenzie, dici che questo pari che fossi l'anno bono pìrchè sti cristianeddri arricivano finalmenti quanto ci attocca da una vita.

Ma, diciuto di questo aspetto pir nenti trascurabbili, arricordanno i 41 anni da quel jorno veni spontanio fare qualiche breve considerazioni.


A pirenne mimoria. Il municipio, pir volontà di san Calò Tinchitè, ha giustamente organizzato una sirata della mimoria per arricordare l'evento. Giusto. Ma va ditto puro che le ultime quattro amministrazioni municipali hanno dedicato il più grande monumento commemorativo possibile alla frana del sissantasè. Un monumento granni alicune migliara di metri quatri. Il monumento si chiama “Parco dell'Addolorata” e ha stato costruito esattamente nel preciso 'ntifico punto della zona che se ne calò nel sissantasè. E' un'opira d'arte vera e propria. L'arti si sà, è arti propiamente pirchì suscita nell'omini sintimenti, sinsazioni. I grannissimi artisti che in anni di fatiche hanno rializzato l'opira hanno cintrato in pieno l'obiettivo: taliare il Parco duna una sinsazione di sdisolazioni e un sintimento di colara che non si po' descriviri a palore. Lo talii e dici intra di te: “Grannissimi fitusi e figli di bagascia...”.

Siccomo al Parco, como i Templi di dintra, chiuso ma solo per motivi artistici, non è possibili trasiri, vi abbasti sapire che di dintra la sinsazione e il sintimento di prima addiventa addirittura chiù forte.


Tirrimoto e sciopiro. Forse non tutti lo sanno, ma ve lo contiamo noi. La frana del sissantasè non provocò morti, se non per il cacazzo, solo pirchè un munnizzaro, oggi piratore cologico, alle sette del matino, vidennosi grapiri la terra sotto ai piedi, accommenzò a ittare vuciate: “U terremotu, u terremotu”. In un vidiri e sbidiri mezzo Rabbateddro aviva fatto le trusce e se ne era juto verso Sanliò. Come ditto prima, non morì nuddro. Veni spontaneo pinzare che se la frana emmeci del sissantasè viniva 41 anni doppo, qualiche morto ci sarebbe stato. Cu i munnizzara sempri in sciopiro cu minchia lo avissi a dare l'allarme di capu matina?


La politica dei genii (o i genii della politica). E pir conchiudere, visto che il Municipio organizza la sirata della mimoria, va arricordato anche che certeduni che pritinnivano di tornare al governo della città per intirposta pirsona, forse hanno la mimoria curta assà. Non più tardo di una quinnicina di anni addietro qualiche brillante amministratori avìa miso addritta un progetto di lottizazioni proprio della zona della frana. Cioè costruiri arrè dove tutto avìa franato. A certeduni geni montelusani della politica la storia non ci 'nzigna proprio un cazzu. Una frana continua...


Filippo Genuardi

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